Boom dei costi per i ristoranti in cinque mesi: l’inflazione erode i guadagni e spinge i prezzi

I dati di oggi dell’Istat sull’inflazione confermano la crescita dei beni energetici su base mensile. I dati dei ristoratori: in cinque mesi alcune materie prime sono arrivate a costare anche il 50% in più

L’aumento dei prezzi è costante. A dirlo è l’Istat che proprio oggi ha diffuso le rilevazioni del mese di settembre. Secondo l’Istituto nazionale di statistica anche il mese scorso l’aumento dei prezzi è stato sostenuto in larga parte dai Beni energetici (da +19,8% di agosto a +20,2%). Essi sono cresciuti sia nella componente regolamentata (da +34,4% a +34,3%) sia in quella non regolamentata (da +12,8% a +13,3%).

La rilevazione su base mensile denota anche un aumento per altri settori, legata ai beni energetici: “Questi ultimi – dice l’Istat – contribuiscono all’accelerazione rispetto ad agosto, che si deve anche e in misura più ampia ai prezzi dei Beni alimentari (da +0,7% a +1,0%), a quelli dei Beni durevoli (da +0,5% a +1,0%) e a quelli dei Servizi relativi ai trasporti (che invertono la tendenza da -0,4% a +2,0%). Un contributo all’accelerazione dell’inflazione viene anche dai prezzi dei Servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +1,5% a +1,8%). L’“inflazione di fondo”, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, e quella al netto dei soli beni energetici accelerano entrambe rispettivamente da +0,6% a +1,0% e da +0,5% a +1,1%”.

Ristoranti e pub fanno i conti con i rincari. L’esempio nella provincia di Roma: “Se continua così bisognerà adeguare i prezzi per recuperare i costi”

Se si prendono gli ultimi cinque mesi, o l’intero anno, l’aumento dei prezzi è però ben più consistente. A dirlo sono le fatture pagate dalle aziende. Che siano aumentati i prezzi da quelle fatture è evidente. Sia per le aziende agricole che per i ristoranti e gli alberghi.

“Aumenta tutto, solo il prezzo del latte rimane lo stesso”

Nell’ultimo anno chi alleva il bestiame da carne o da latte ha visto aumentare i prezzi del gasolio agricolo e dei mangimi. “La farina di mais – afferma un allevatore di Artena – in un anno è aumentata di 10 euro al quintale, salendo del 50%. Il gasolio agricolo pure, con un rincaro di 40 centesimi al litro. Aumenta tutto tranne il prezzo di rivendita del latte, per il quale si parla di un adeguamento di soli tre centesimi al litro”. L’altro comparto sotto pressione è quello della ristorazione, delle strutture alberghiere e dei pub.

Per ristoratori e albergatori l’aumento dei prezzi erode i guadagni

L’aumento dei prezzi dei fornitori sta erodendo i guadagni di ristoratori e albergatori. Le attività che si riforniscono dai grossisti hanno infatti registrato un boom dei costi delle materie prime. Per ora si salva soltanto chi si rifornisce direttamente dal produttore, saltando la catena dei trasporti o rivolgendosi a produttori che non risentono della concorrenza internazionale. Quanto ai prezzi ai clienti, qualche ritocco è stato fatto. Per decidere se cambiare l’intero listino i ristoratori attendono di capire se gli aumenti saranno stabili o momentanei.

Negli ultimi mesi, fatture alla mano, prodotti ittici, carne, farine e verdure sono diventati più cari. In alcuni casi un chilo di vongole veraci è passato da 9,5 euro al chilo a 15 euro, con un aumento di circa il 50%, mentre i lombi di vitellone hanno fatto un salto di cinque euro al chilo. Più 50% anche per calamari surgelati, peperoni e zucchine.

Ambrosetti: “Paghiamo le conseguenze di una dinamica internazionale”

Ad esempio Gianni Ambrosetti, dell’albergo ristorante La Noce di Segni, i rincari li ha sentiti chiaramente e ha provato anche a darsi una spiegazione. “Lavoriamo con grandi fornitori a livello nazionale – racconta il ristoratore – e ci dicono che sul mercato arabo c’è una forte richiesta che ci danneggia. A volte addirittura i prodotti non si trovano per diverso tempo. Questo significa che stiamo pagando le conseguenze di una dinamica internazionale e se è così non credo che si tornerà indietro: alla fine dovremo adeguare i menù per recuperare le spese”.

“Chi compra a chilometro zero ha sentito meno l’inflazione”

Stefano Bartolucci, titolare del ristorante “Rosso DiVino” di Valmontone, spiega invece il trend con un boom delle richieste dei locali, che stanno “smaltendo” i banchetti arretrati. “Gli aumenti – dice Bartolucci – riguardano soprattutto particolari tagli di carne di provenienza estera, mentre il prezzo della carne nazionale è cresciuta in modo meno sensibile. Di solito durante l’anno ci sono fluttuazioni stagionali che vengono assorbite senza aumentare i prezzi ai clienti – prosegue il ristoratore di Valmontone – ma è chiaro che se continua così degli adeguamenti andranno fatti. Una soluzione per non rincarare può essere quella di rifornirsi da aziende a chilometro zero o a chilometro, per così dire, sostenibile”.

E infatti, per ora, i ristoranti che si salvano sono quelli che vanno a comprare il pesce all’asta al porto, come fa da decenni Benito Morelli, dello storico ristorante “Benito al Bosco” di Velletri. “Nelle nostre strutture abbiamo mantenuto i prezzi che c’erano prima del lockdown – afferma -, cercando anche di ridurre qualcosa pur di ripartire dopo otto mesi di blocco totale”.

È sostanzialmente d’accordo Bruno Brunori, chef di Miss Italia e titolare di Casa Brunori a Grottaferrata. Per lui tutto è legato agli aumenti dei costi di trasporto. “Chi nei propri menù ha solo prodotti autotrasportati – spiega lo chef – dovrà adeguare i prezzi finali. Un problema in più potrebbe presentarsi il 15 ottobre, quando i trasportatori sciopereranno contro l’obbligo di green pass. Da parte nostra – prosegue Brunori – cerchiamo in tutti i modi di tutelare i clienti, reperendo le materie prime a livello locale, dove i prezzi sono più stabili. Credo che alla fine quest’inflazione incentiverà la produzione a chilometro zero e porterà un miglioramento nella qualità dei piatti”.

Il fornitore del settore alberghiero: “Aumenti del 30% ma credo che in primavera si potrebbe tornare alla normalità”

Un’esperienza diversa è quella di Fabrizio Ianni, titolare della Agriment srl di Lariano, che a Roma rifornisce circa trecento strutture alberghiere. L’imprenditore ha registrato un aumento medio dei prezzi del 30%. “Secondo me il punto è che dalla pandemia – dice Ianni – le aziende hanno ridotto i volumi di vendita e quindi sono costrette ad aumentare i prezzi per coprire i costi. Se, come credo, in primavera la pandemia ormai sarà quasi o del tutto debellata o comunque sotto controllo, allora ritorneranno i flussi turistici e con loro i volumi di consumo: a quel punto certe dinamiche commerciali legate al “prezzo-volume di consumo” potranno nuovamente essere incentivate con una conseguente concorrenza tra aziende che favorirà una riduzione dei prezzi”.

Prati: “Margini di guadagno ridotti anche dalla penuria di personale e dalla ridotta capienza delle sale”

Trasporti e dinamiche di mercato a parte, c’è anche un altro aspetto che gioca a favore dell’inflazione. “Non dimentichiamo – afferma Raniero Prati, della Premiata Trattoria Prati di Lariano – che le norme sul distanziamento hanno ridotto la capienza delle sale. Inoltre il personale non si trova o va pagato di più, non per il reddito di cittadinanza ma perché in questo anno e mezzo è stato assorbito da altri settori. Tutto ciò ha ridotto i margini di guadagno – aggiunge Prati – e, se continua così, tutto ciò porterà a un aumento dei prezzi al cliente di oltre il trenta percento nei prossimi tre anni, altrimenti si chiude”.

“I rincari delle bollette ci impensieriscono di più degli aumenti dei fornitori”

E poi c’è la paura della bolletta dell’energia, che fino ad ora è stata solo annunciata. Quando arriverà la bolletta la paura si concretizzerà soprattutto su piccole strutture, come i pub dei centri storici. “Fino ad ora tutto è aumentato del 20%, anche la birra” afferma Giovanni Papa, titolare del Mulo Brigante di Artena. “È chiaro che dovremo adeguare i prezzi con piccoli ritocchi sul menù – dice Papa – ma qualcosa di più ci impensierisce: le bollette energetiche che arriveranno. Quelle bollette sono massacranti per locali piccoli come il nostro, che oltretutto si trovano in centri storici in cui non si possono mettere pannelli solari”.