Dopo la crisi da Beta-esaclorocicloesano, che ha portato all’abbattimento di migliaia di animali, la Valle del Sacco romana è tornata ad essere un luogo di eccellenza nella produzione di carne, uova, latte e formaggi, “parola” del Servizio Veterinario del Distretto G6 della Asl Roma 5
Il periodo tra il 10 ottobre 2005 e il 17 dicembre 2005 fu tragico per l’intera Valle del Sacco Romana. Nel solo territorio di Colleferro, Gavignano e Segni furono abbattuti 1086 bovini e 2886 ovini. Un abbattimento programmato voluto dalla Regione per dare un taglio netto con il passato e con la contaminazione degli animali da Beta-esaclorocicloesano. Dall’acqua del fiume Sacco quella molecola era passata nei foraggi e quindi nel latte degli animali.
Su quanto avvenuto a quel tempo è in via di definizione un processo presso il Tribunale di Velletri per individuare se ci sono state colpe da parte di quattro persone. Intanto però la porzione romana della Valle del Sacco è rinata, tornando ad essere un centro di eccellenza agroalimentare. Ad affermarlo è la dott.sa Cristina Roffi Isabelli, del Servizio Veterinario del Distretto G6 della Asl Roma 5, che ricorda ancora, come fosse ieri, le immagini delle mucche morte lungo un rio (che nulla c’entravano con la contaminazione da beta-esaclorocicloesano né con il territorio della provincia di Roma) rilanciate mediaticamente sulle notizie inerenti la Valle del Sacco.
Dottoressa, su quali Comuni è competente il vostro Servizio?
“Il Servizio è competente sul territorio dei Comuni del distretto, cioè: Colleferro, Artena, Carpineto Romano, Gavignano, Gorga, Labico, Montelanico, Segni e Valmontone”.
Quali sono le competenze del Servizio veterinario e di cosa di occupa?
“Il Servizio Veterinario del Distretto G6 della Asl Roma 5 è inserito all’interno del Dipartimento di Prevenzione ed è articolato nei servizi di Igiene degli alimenti di origine animale, Sanità animale e Igiene degli allevamenti. Il Servizio di Igiene degli alimenti di origine animale si occupa della vigilanza sugli stabilimenti nel post-primario. La Sanità animale si occupa dell’anagrafe zootecnica di tutte le specie di rilevanza zootecnica, dal bovino alla gallina ovaiola. Il servizio di Prevenzione e profilassi delle malattie infettive interviene effettuando quelli che sono i piani obbligatori nazionali previsti dalla norma per quanto riguarda le malattie specifiche della specie, comprese le zoonosi cioè le patologie trasmissibili dagli animali agli uomini. Infine c’è il Servizio che ha competenza sull’igiene degli allevamenti e delle produzioni zootecniche, in cui rientra il benessere animale, la produzione primaria e il controllo dell’alimentazione animale”.
Quali sono le azioni che la Asl mette in campo per garantire la sicurezza alimentare dei prodotti della zona di vostra competenza?
“Intanto lavoriamo per piani. Abbiamo piani di profilassi per quanto riguarda le malattie infettive e diffusive, piani come il Piano Nazionale sull’Alimentazione Animale, con il quale si controllano i prodotti destinati all’alimentazione animale sia negli allevamenti che nelle rivendite che nei mangimifici, cioè in tutta la filiera. C’è poi il Piano nazionale Residui che va a indagare la presenza di eventuali sostanze non ammesse, o per le quali sono fissati dei limiti, nella produzione primaria. L’indagine viene fatta analizzando campioni animali o di origine animale, tramite campionamenti che avvengono negli allevamenti, nello stabilimento di macellazione e sui prodotti di origine animale”.
Quando rilevate qualcosa che non va come procedete?
“Iniziamo dicendo che c’è una programmazione dei controlli nei vari ambiti, con ispezioni e campionamenti. Se ci sono non conformità, vengono adottati i provvedimenti conseguenti, che vanno dalle prescrizioni ai sequestri fino alla eventuale denuncia penale. Il Servizio inoltre può effettuare interventi e campionamenti ad hoc”.
Quando si parla dell’inquinamento della Valle del Sacco viene in mente l’immagine, di quindici anni fa, della mucca morta vicino al fiume. Secondo i dati che avete, fu un’immagine aderente al territorio di Segni, Colleferro, Gavigano e zone limitrofe di vostra competenza?
“Assolutamente no. L’immagine dei bovini morti lungo il fiume riguarda un episodio che si è verificato sul Rio Santa Maria, nel territorio di Anagni, che nulla c’entra con il nostro territorio. Nello specifico riguardava il decesso di alcuni capi per intossicazione acuta da cianuro e non era assolutamente legata al beta-esaclorocicloesano. Nelle città del nostro Distretto non c’è stato alcun episodio di intossicazione acuta e tanto meno conseguenti decessi di animali. La rilevazione della presenza della molecola di β-HCH sul territorio di Colleferro, Segni e Gavignano era legata a una ricerca nel latte bovino ma tutto ciò non può essere messo in relazione a un avvelenamento acuto negli animali né ad episodi di mortalità. Va detto che la rilevazione del β-HCH nel latte ha portato a una serie di campionamenti e analisi e alla fine del 2005, a seguito di una scelta della Regione, all’abbattimento dei capi e alla distruzione del foraggio raccolto”.
Successivamente, e in particolare negli ultimi cinque anni, il β-HCH è stato trovato negli animali?
“Negli ultimi cinque anni tutti i campionamenti eseguiti testimoniano che il β-HCH è sparito dal latte degli animali. Dopo gli abbattimenti della fine del 2005 e la ricostituzione delle aziende abbiamo continuato a controllare costantemente con un piano specifico di campionamento. Tra il 2005 e il 2007 abbiamo avuto un altro caso di positività al β-HCH, a nord di Arpa 1 e Arpa 2, in cui la contaminazione, poi eliminata, era probabilmente data dall’utilizzo di foraggio proveniente da zone non ripariali ma innaffiate con acqua contaminata. Dal 2008 i valori sono stati sempre conformi e da più di 10 anni i parametri di β-HCH non solo sono conformi ma sono anche al di sotto del limite di rilevabilità”.
Attualmente come avviene il monitoraggio delle aziende?
“Il monitoraggio della Valle del Sacco avviene per uno specifico piano regionale che, tenendo conto dei risultati analitici, nella nostra Asl ha portato a una riduzione sensibile dei campionamenti negli ultimi cinque anni, data dalla riduzione del rischio. A fronte di una stabilità generale del numero delle aziende, si è passati da 132 a 46 campionamenti di latte l’anno perché, sulla base delle valutazioni dell’Osservatorio Epidemiologico Veterinario della Regione Lazio presso l’Istituto Zooprofilattico di Lazio e Toscana, il livello di rischio si è ridotto. Sia chiaro: la riduzione dei campionamenti non è un allentamento dei controlli ma il risultato della messa in sicurezza della filiera. Inoltre per essere certi della veridicità della diminuzione della presenza dell’esaclorocicloesano, facciamo anche dei campionamenti strategici sul latte delle vacche e delle pecore nutrici, che pascolano liberamente e che non producono latte per l’alimentazione umana. Anche in quei casi non si è riscontrata presenza di β-HCH né di α-HCH che è un ulteriore precursore del γ-HCH (gamma-esaclorocicloesano ndr)”.
Quindi gli animali del territorio della Valle del Sacco di vostra competenza (Artena, Valmontone, Segni, Colleferro, Montelanico, Gavignano) sono sani?
“Sì. Rispetto alla contaminazione da esaclorocicloesano e alle malattie infettive e diffusive sono sani e noi stessi compriamo con fiducia i prodotti e la carne del nostro territorio, macellata nel nostro mattatoio, e inseriti nella filiera agroalimentare controllata: si tratta di prodotti sicuri e garantiti”.
Il V rapporto SENTIERI del giugno 2019, in relazione alla Valle del Sacco, a pagina 114, riferendosi al Sito d’Interesse Nazionale in cui è compreso anche il territorio di Artena, Colleferro, Segni, Gavignano, afferma: “È stata eseguita una nuova analisi incentrata sul ruolo dell’alimentazione a base di cibi prodotti localmente che ha evidenziato come il rischio di contaminazione umana (da β-HCH ndr) fosse associato al consumo di carne bovina, uova e pollame allevati nell’area contaminata”. Sono affermazioni che trovano riscontro nei vostri dati?
“Si tratta di risultati correlati al periodo precedente all’emergenza del 2005, dopodiché dalla filiera agroalimentare è stato eliminato tutto quello che poteva essere a rischio, sia negli animali sia nei foraggi”.
Per quale motivo, secondo lei, nel Sito d’Interesse Nazionale, e quindi nello studio SENTIERI, è inserito anche il territorio di Artena?
“Per quanto ci compete non lo sappiamo: il territorio di Artena non è stato interessato dalla contaminazione di esaclorocicloesano”.
Quali sono le principali problematiche riscontrate negli ultimi cinque anni e quali sono i principali consigli che può dare al comparto agroalimentare?
“Dal punto di vista degli allevatori c’è una maggior coscienza, che non è solo legata alle problematiche della Valle del Sacco ma alla consapevolezza che l’animale è e produce quello che mangia. C’è stato anche uno svecchiamento della categoria degli allevatori con un diverso approccio e una diversa professionalità portata da una nuova generazione di allevatori e agricoltori più preparati su tutte le tematiche dell’allevamento e della produzione primaria. Pur nel rispetto dei ruoli, nel territorio della nostra Asl c’è un solido rapporto con gli allevatori, in termini di partecipazione a incontri formativi, e una bella realtà agroalimentare che ancora si mantiene e vede anche svilupparsi una buona iniziativa giovanile. Se posso dare un consiglio, è quello di lavorare con maggior spirito cooperativo, anche per ottenere un marchio con cui promuovere e difendere il territorio e i suoi prodotti”.
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